mercoledì 28 luglio 2010
sabato 8 agosto 2009
ipotesi di relazione finale
RELAZIONE FINALE
ATTIVITA’ DI RECUPERO E DI SOSTEGNO
Alunna: ..................................................... Classe III Sez. E
ANALISI DELLE SITUAZIONE DI PARTENZA
L’alunna ha frequentato per la prima volta la classe III Sez. E.
Il gruppo classe, nel corso del triennio, è sempre stato omogeneo e scolarizzato ed ha sempre cercato di accogliere Pasqualina in seno al gruppo, ma nel corso di quest’ultimo anno si è verificata una sorte di rinuncia di fronte all’evidente tendenza all’isolamento, atteggiamento che l’alunna ha continuato a manifestare.
L’alunna ha fruito di undici ore d’insegnamento individualizzato distribuito nelle varie aree.
Le capacità mnesiche e di orientamento sono rimaste molto limitate e relative al vissuto.
La comunicazione spontanea è molto povera e riferita al soddisfacimento dei bisogni primari, caratterizzata da un tono di voce molto basso.
La comprensione dei messaggi verbali è limitata a contenuti semplici e concreti.
La produzione scritta è povera e piena di errori ortografici e grammaticali, anche se durante tutto il corso dell’anno continue sono state le esercitazioni con schede semplificate.
La produzione scritta spontanea è quasi nulla e priva di continuità nelle sequenze logiche che sono, pertanto, quasi del tutto incomprensibili.
Modico impaccio nella motricità globale per inibizione e discrete difficoltà nella motricità fine.
Del tutto inadeguate, alle richieste scolastiche, sono l’uso spontaneo delle competenze e delle conoscenze acquisite con frequenti fenomeni di regressione a stadi precedenti.
La causa del fallimento del raggiungimento degli obiettivi è da ricercarsi nel numero eccessivo di assenze saltuarie nonostante le insistenti sollecitazioni rivolte a lei ed alla sua famiglia che ha sempre dimostrato disinteresse e scarso impegno collaborativi. Si è anche richiesto l’intervento degli organi preposti con apposita segnalazione ai Servizi sociali.
La mancata continuità della frequenza (72 assenze totalizzate nell’arco dell’intero anno) ha compromesso l’assimilazione dei contenuti ed ha reso sempre più difficile l’inserimento e la socializzazione aumentando sempre più il senso di inadeguatezza che le è innato.
AREA LINGUISTICO – ESPRESSIVA
L’alunna non è riuscita a migliorare la capacità di lettura che si presenta ancora atona e poco espressiva; non riesce ancora a rielaborare i contenuti se non in forma eccessivamente sintetica.
Ama colorare ma riesce a produrre solo immagini elementari.
AREA LOGICO – MATEMATICA
Con notevoli sforzi e dopo mesi di applicazione Pasqualina è riuscita a memorizzare le prime cinque tabelline, ad applicare, anche se in maniera mnemonica, il concetto di replicare e distribuire, e a risolvere elementari quesiti problematici di compravendita, anche se a distanza di tempo mostra grave difficoltà di assimilazione e memorizzazione.
E’ riuscita a conoscere il valore dei soldi ma ha difficoltà a trascrivere i numeri quando sono riferiti agli euro.
METODOLOGIE
Le tecniche metodologiche attuate sono state le più varie a seconda delle aree di intervento privilegiando il metodo induttivo – deduttivo.
Sono stati utilizzati mezzi di vario tipo come:
§ Schede e testi semplificati con crescente difficoltà;
§ Immagini
§ Fotografie
§ Questionari
§ Favole
§ Giochi linguistici
§ Puzzle
§ Regoli
§ Blocchi logici
§ Plastilina
§ Calcolatrici,
ma non si è riuscito ad avviarla all’uso del personal computer verso il quale ha dimostrato un disinteresse e quasi un rifiuto verso lo stesso.
Si è rifiutata di partecipare alle attività di drammatizzazione partecipandovi solo come spettatrice.
VERIFICHE E VALUTAZIONE
La verifica è stata effettuata seguendo l’itinerario apprenditivo ed evolutivo dell’alunna.
La valutazione ha tenuto conto dei livelli di partenza delle capacità e del bagaglio di conoscenze acquisite.
L’alunna ha, nel complesso, raggiunto ben pochi degli obiettivi minimi prefissati in sede di programmazione collegiale.
L’INSEGANTE DI SOSTEGNO Prof.
ATTIVITA’ DI RECUPERO E DI SOSTEGNO
Alunna: ..................................................... Classe III Sez. E
ANALISI DELLE SITUAZIONE DI PARTENZA
L’alunna ha frequentato per la prima volta la classe III Sez. E.
Il gruppo classe, nel corso del triennio, è sempre stato omogeneo e scolarizzato ed ha sempre cercato di accogliere Pasqualina in seno al gruppo, ma nel corso di quest’ultimo anno si è verificata una sorte di rinuncia di fronte all’evidente tendenza all’isolamento, atteggiamento che l’alunna ha continuato a manifestare.
L’alunna ha fruito di undici ore d’insegnamento individualizzato distribuito nelle varie aree.
Le capacità mnesiche e di orientamento sono rimaste molto limitate e relative al vissuto.
La comunicazione spontanea è molto povera e riferita al soddisfacimento dei bisogni primari, caratterizzata da un tono di voce molto basso.
La comprensione dei messaggi verbali è limitata a contenuti semplici e concreti.
La produzione scritta è povera e piena di errori ortografici e grammaticali, anche se durante tutto il corso dell’anno continue sono state le esercitazioni con schede semplificate.
La produzione scritta spontanea è quasi nulla e priva di continuità nelle sequenze logiche che sono, pertanto, quasi del tutto incomprensibili.
Modico impaccio nella motricità globale per inibizione e discrete difficoltà nella motricità fine.
Del tutto inadeguate, alle richieste scolastiche, sono l’uso spontaneo delle competenze e delle conoscenze acquisite con frequenti fenomeni di regressione a stadi precedenti.
La causa del fallimento del raggiungimento degli obiettivi è da ricercarsi nel numero eccessivo di assenze saltuarie nonostante le insistenti sollecitazioni rivolte a lei ed alla sua famiglia che ha sempre dimostrato disinteresse e scarso impegno collaborativi. Si è anche richiesto l’intervento degli organi preposti con apposita segnalazione ai Servizi sociali.
La mancata continuità della frequenza (72 assenze totalizzate nell’arco dell’intero anno) ha compromesso l’assimilazione dei contenuti ed ha reso sempre più difficile l’inserimento e la socializzazione aumentando sempre più il senso di inadeguatezza che le è innato.
AREA LINGUISTICO – ESPRESSIVA
L’alunna non è riuscita a migliorare la capacità di lettura che si presenta ancora atona e poco espressiva; non riesce ancora a rielaborare i contenuti se non in forma eccessivamente sintetica.
Ama colorare ma riesce a produrre solo immagini elementari.
AREA LOGICO – MATEMATICA
Con notevoli sforzi e dopo mesi di applicazione Pasqualina è riuscita a memorizzare le prime cinque tabelline, ad applicare, anche se in maniera mnemonica, il concetto di replicare e distribuire, e a risolvere elementari quesiti problematici di compravendita, anche se a distanza di tempo mostra grave difficoltà di assimilazione e memorizzazione.
E’ riuscita a conoscere il valore dei soldi ma ha difficoltà a trascrivere i numeri quando sono riferiti agli euro.
METODOLOGIE
Le tecniche metodologiche attuate sono state le più varie a seconda delle aree di intervento privilegiando il metodo induttivo – deduttivo.
Sono stati utilizzati mezzi di vario tipo come:
§ Schede e testi semplificati con crescente difficoltà;
§ Immagini
§ Fotografie
§ Questionari
§ Favole
§ Giochi linguistici
§ Puzzle
§ Regoli
§ Blocchi logici
§ Plastilina
§ Calcolatrici,
ma non si è riuscito ad avviarla all’uso del personal computer verso il quale ha dimostrato un disinteresse e quasi un rifiuto verso lo stesso.
Si è rifiutata di partecipare alle attività di drammatizzazione partecipandovi solo come spettatrice.
VERIFICHE E VALUTAZIONE
La verifica è stata effettuata seguendo l’itinerario apprenditivo ed evolutivo dell’alunna.
La valutazione ha tenuto conto dei livelli di partenza delle capacità e del bagaglio di conoscenze acquisite.
L’alunna ha, nel complesso, raggiunto ben pochi degli obiettivi minimi prefissati in sede di programmazione collegiale.
L’INSEGANTE DI SOSTEGNO Prof.
lunedì 6 ottobre 2008
Contrattazione d'istituto
CONTRATTAZIONE DI ISTITUTO
Nella scuola dell’autonomia, la contrattazione di istituto rappresenta un momento importante in cui – sulla base delle risorse annualmente assegnate per la retribuzione accessoria dl personale – i rappresentanti dei lavoratori ed il Dirigente scolastico si confrontano e stabiliscono le norme con cui i docenti ed personale ATA partecipano alle attività deliberate nel POF ed alle iniziative tendenti alla qualificazione e all’ampliamento dell’offerta formativa per rispondere alle esigenze culturali dell’utenza e del territorio.
Ed è anche un momento delicato, in cui è fondamentale che le parti contraenti si attengano strettamente alle materie da definire nell’accordo, nel pieno rispetto dei tempi della contrattazione e dei ruoli e delle competenze dei vari organismi che governano la scuola:
· il collegio dei docenti, che decide su tutte le questioni attinenti la didattica e delibera il POF, le funzioni strumentali, il Piano delle Attività dei docenti ed il Piano per l’aggiornamento;
· il consiglio di istituto, che ha competenza sugli aspetti organizzativi ed amministrativi;
· il dirigente, che, in base ai criteri definiti nel contratto, assegna gli incarichi, ne verifica lo svolgimento e liquida i relativi compensi;
· la RSU, che contratta a livello di istituto le materie stabilite ne CCNL e verifica la corretta attuazione dell’accordo.
Con questa premessa, la contrattazione di istituto è un adempimento relativamente semplice in quanto consiste nell’adattare alcune norme, già definite in linea generale nel CCNL, alle esigenze culturali, didattiche e organizzative di ogni singola scuola.
Obiettivo principale del contratto è l’individuazione di criteri e modalità che consentano a tutto il personale di accedere alle attività retribuite con il fondo e di assegnare gli incarichi, i compiti, i servizi e i turni di lavoro secondo regole chiave e condivise, che tengano conto, per quanto possibile, anche delle esigenze personali dei lavoratori.
Appare evidente che per arrivare alla sottoscrizione dell’accordo non servono tanto competenze giuridiche e tecniche, quanto una buona dose di buon senso, di disponibilità e di mediazione, sapendo bene che un contratto è sempre un compromesso che richiede qualche accomodamento e qualche rinuncia da entrambe le parti.
La contrattazione di istituto non è quindi una questione personale tra il Dirigente e la RSU, ma un diritto dei lavoratori che le parti contraenti hanno il dovere di sottoscrivere nei termini stabiliti, per definire le regole per lo volgimento delle varie iniziative che la scuola ha in programma di svolgere ogni anno.
martedì 22 gennaio 2008
L'ATTUAZIONE DELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE
In attuazione della sentenza n. 215 il Ministero della Pubblica Istruzione ha diramato a tutti i Provveditorati agli Studi, ad anno scolastico già iniziato, la circolare ministeriale n. 262 del 22 settembre 1988 che prevede, tra l’altro l’applicazione, per analogia, di disposizioni già in vigore nella scuola dell’obbligo, quali le CC.MM. n. 258 del 22 settembre 1983 e n. 250 del 30 settembre 1985, in attesa di specifici interventi legislativi.In realtà la sentenza della Corte Costituzionale riguarda la frequenza degli handicappati psichici nelle scuole di istruzione secondaria di secondo grado, poiché i fisici e i sensoriali erano da tempo inseriti (vedi C.M. n. 129 del 28 aprile 1982) e afferma inoltre che gli alunni disabili non possono considerarsi irrecuperabili e il processo di integrazione è utile non solo ai fini della “socializzazione”, ma anche dell’ “apprendimento”.
Un’interruzione del corso di studio, dopo la fine della scuola dell’obbligo, potrebbe comportare rischi di arresto, o addirittura di regresso, nello sviluppo della personalità nello stesso soggetto disabile. Pertanto tutti gli alunni che frequentano le classi delle scuole o istituti di istruzione secondaria di II grado devono essere valutati sulla base di parametri specifici, rapportati alle singole situazioni di minorazione e l’inserimento e la frequenza di ali alunni, anche se gravissimi, non può essere rifiutata a priori.
E’ l’affermazione dell’art. 38 della Costituzione “... Gli invalidi e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale …”.
Lo Stato con la sentenza della Suprema Corte tutela il diritto allo studio dei disabili, compresi i più gravi, purché espressamente certificati dalla U.S.L. In base a queste premesse sancite dalla citata decisione della Corte, la circolare ministeriale n. 262/1988 ha dettato disposizioni che investono vari aspetti del problema. Anzitutto si afferma l’opportunità di necessarie intese. Queste intese consistono in convenzioni tra Enti che sono deputati, in qualche modo, ad un ruolo preminente in tema di integrazione scolastica e rappresentano uno strumento necessario per coordinare gli interventi di propria competenza che, se avvengono in modo disorganico, possono pregiudicare l’integrazione stessa.
A tal proposito la C.M. n. 258/1983 e la C.M. n. 250/1985, estese anche alle scuole secondarie superiori, dettano disposizioni affinché la stipula delle intese promuova la programmazione congiunta dei servizi e degli interventi da parte degli operatori scolastici e socio-sanitari e l’elaborazione e l’attuazione di Piani educativi individualizzati (P.E.I.) per ciascun alunno con handicap.
In atto tali intese non sono obbligatorie, ciò ha impedito una generalizzazione di esse nel territorio italiano.
Quelle stipulate sono dovute, soprattutto, alla sensibilità al problema dell’integrazione scolastica dei disabili di amministratori locali e di alcune UU.SS.LL. In ogni caso, anche in mancanza ditali intese, occorre invitare e chiedere con insistenza agli Enti locali e alle UU.SS.LL. di designare propri rappresentanti nel Gruppo di lavoro per l’integrazione degli handicappati del Provveditorato agli Studi.
Gli Uffici scolastici provinciali, inoltre, possono stipulare altre convenzioni con istituti specializzati e con le Università, per avere una consulenza qualificata circa le problematiche delle singole tipologie e grado di handicap.
Nell’ambito di ogni unità scolastica il Preside, a sua volta, costituirà un Gruppo di lavoro composto, di norma, dallo stesso Capo d’istituto, da uno o più docenti, da componenti dell’équipe pluridisciplinare della U.S.L. competente per territorio, da un rappresentante del servizio sociale, dai genitori dell’alunno disabile, per provvedere a stilare il profilo dinamico funzionale, la programmazione e provvedere successivamente alle verifiche dei piani educativi individualizzati.
La C.M. n. 262 affronta anche il problema delle barriere architettoniche che di fatto possono costituire un serio ostacolo per l’inserimento dei disabili nelle scuole secondarie superiori. Essa prevede che il Provveditore agli Studi, in base alle segnalazioni dei Presidi, che rappresentano difficoltà di rimuovere tali barriere e l’impossibilità di assegnare alunni con handicap motorio ad aule facilmente accessibili, attivi il servizio sanitario o l’Ente locale affinché fornisca idonei sussidi e nello stesso tempo individui istituti più vicini dello stesso ordine ai quali indirizzare gli alunni disabili, preoccupandosi di predisporre un piano che consenta gradualmente l’accesso dei disabili a tutti gli Istituti per evitare la concentrazione degli stessi nella medesima scuola o classe.
La circolare avverte, anzitutto, che i Presidi di Scuola media, al momento della preiscrizione del disabile ad una Scuola secondaria di 2° grado, inviino gli elenchi con le preiscrizioni, comunicando la presenza del disabile e specificando i suoi bisogni in relazione al tipo di handicap.
A sua volta il Preside di scuola secondaria, che ha ricevuto la preiscrizione e la documentazione del disabile, comunica il nominativo al gruppo di lavoro del Provveditorato agli Studi con le indicazioni pervenutegli e convoca, a sua volta, il Gruppo di lavoro dell’istituto assieme ai docenti della classe di provenienza del disabile. Il Gruppo di lavoro dell’Istituto, di cui fanno parte rappresentanti dell’Ente locale e delle UU.SS.LL. e i docenti della scuola di provenienza e di destinazione, predispone un “profilo dinamico funzionale” del disabile, in cui si evidenziano le potenzialità dell’alunno, l’eventuale bisogno di assistenza per l’autonomia personale e per la comunicazione, gli aiuti e i presidi necessari e, per gli handicappati psichici, il numero delle ore di attività di sostegno necessarie, individuando fra l’area - umanistica, scientifica e tecnologica - quella di maggiore interesse per il giovane.
Per le preiscrizioni negli Istituti tecnici, professionali ed artistici, la C.M. in esame prescrive un certificato dell’Ufficio medico-legale dell’U .S. L. competente, richiesto dalla famiglia, dal quale risulti la natura dell’handicap e soprattutto il parere se il disabile possa frequentare i singoli indirizzi o sezioni di qualifica dell’Istituto prescelto, nonché se possa svolgere l’eventuale attività lavorativa prevista nell’indirizzo di studio.
Se il parere dell’U.S.L. è negativo, il Preside non può procedere all’iscrizione e convoca i genitori del disabile assieme al Gruppo di lavoro dell’istituto per individuare un nuovo e migliore orientamento scolastico dell’alunno disabile. In linea generale, le iscrizioni dei disabili, tranne i casi già esaminati, non possono essere rifiutate. Se le richieste di iscrizioni sono superiori alla capacità ricettiva dello stesso, occorre dare la precedenza agli alunni disabili.
A conferma della domanda di preiscrizione, il Collegio dei docenti, alla prima riunione utile. esprimerà il parere previsto dalla lettera B, art. 4 D.P.R. 416/74, per individuare la sezione più adeguata ad accogliere il nuovo alunno.
Dopo l’assegnazione dell’alunno alla classe, il Preside convoca il Consiglio di classe sia per predisporre il “piano educativo individualizzato” per il disabile, sia per proporre ed effettuare un corso di aggiornamento del personale docente proprio sulle problematiche dell’integrazione scolastica dei disabili.
Possono organizzarsi corsi di aggiornamento anche per il personale non docente coinvolto nell’attività di integrazione ovvero per gli operatori socio-sanitari della U.S.L. e degli Enti locali interessati ai programmi educativo-riabilitativi.
Il Consiglio d’Istituto, a sua volta, se viene manifestata la necessità di apposito materiale didattico o di strumenti per facilitare l’autonomia e la comunicazione del disabile, può provvedere all’acquisto.
Il Preside, per acquisire ogni notizia utile per facilitare l’elaborazione del piano educativo individualizzato, con riferimento anche a quanto previsto dalla CM. n. 1 / 1988, prenderà contatti con la scuola di provenienza del disabile e chiederà la collaborazione dell’insegnante specializzato che ha seguito l’alunno negli anni precedenti. In materia di frequenza, assistenza personale e sostegno, la CM. n. 262 detta precise disposizioni. Per la nomina dei docenti specializzati, ovvero insegnanti per attività di sostegno, i Provveditori, sulla base del “profilo dinamico funzionale” del disabile, provvedono a tale nomina per l’area disciplinare, ritenuta di maggiore interesse per l’alunno, fra quelle umanistiche, scientifiche o tecnologiche.
I Provveditori, per queste nomine, utilizzano in primo luogo i docenti specializzati delle D.O.A. in servizio nelle scuole secondarie superiori; in mancanza di questi, docenti specializzati in servizio nelle scuole medie che abbiano titolo per accedere all’insegnamento nelle scuole secondarie di 2° grado. Successivamente i Provveditori potranno ricorrere alla nomina di supplenti specializzati attingendo dall’apposito elenco di cui all’O.M. n. 266 del 15/10/1985, purché detto personale supplente possegga i requisiti per accedere all’insegnamento nelle scuole secondarie di 2° grado. Infine potranno essere utilizzati docenti non specializzati delle D.O.A.
In presenza di alunni minorati fisici e sensoriali o che comunque abbiano una riduzione dell’autonomia e della comunicazione, da parte del Provveditore agli Studi dovrà essere richiesto ai Comuni la nomina di assistenti ed accompagnatori (artt. 42, 45 D.P.R. n. 616/1977).
Se vi sono disabili con minorazione visiva ed auditiva, i Provveditorati agli Studi, su richiesta dei Presidi e con riferimento alle intese sottoscritte, chiederanno ai Comuni o alle Amministrazioni provinciali la nomina di assistenti, segnalati dagli stessi interessati e, in mancanza, dalle rispettive associazioni o dalle famiglie. Questo compito di assistenza, previa intesa con il Preside e con la famiglia del disabile, può essere affidato anche agli obiettori di coscienza, operanti presso gli Enti locali. La C.M. avverte che l’attività degli assistenti e degli accompagnatori è limitata alla mera traduzione della volontà del disabile senza modificarne il contenuto.
Le persone a cui sono affidati compiti di assistenza e di accompagnamento devono essere assicurate contro gli infortuni e il rischio di danni a terzi, con spesa a carico dell’Ente. In ogni caso tali persone non possono instaurare con l’Amministrazione scolastica alcun rapporto di lavoro, ed, essendo considerati quindi estranei, devono rilasciare apposita dichiarazione con la quale esonerano l’Amministrazione stessa da eventuali danni che la loro presenza a scuola potrebbe cagionare a cose, a sé e a terzi.
Compete al Preside vigilare sul comportamento tenuto dagli assistenti e dagli accompagnatori nell’ambito della scuola e chiederne eventualmente l’allontanamento e la sostituzione in ogni momento sulla base di richieste motivate.
La C.M. n. 262 precisa anzitutto che i programmi di tutti gli ordini di scuole secondarie di 2° grado sono estremamente specifici e tipizzati in quanto sono volti al conseguimento di un livello di formazione, anche professionale, che dà luogo al rilascio di un titolo di studio avente valore legale.
Conseguentemente l’integrazione scolastica dei disabili non può limitarsi alla semplice socializzazione in presenza, ma deve garantire, di regola, che tutti gli alunni di quel determinato indirizzo di studi, acquisiscano gli insegnamenti impartiti.
Pertanto i disabili fisici e sensoriali non sono dispensati dallo svolgimento di alcuna parte dei programmi, salvo che non si debbano far svolgere attività equipollenti.
Inoltre il fatto che i programmi delle scuole secondarie di 2° grado non sono flessibili, ma rigidi, comporta che, in assenza di una espressa norma di legge derogatoria, i docenti non possono valutare in maniera discrezionale gli alunni al termine del ciclo di studi che si completa con il rilascio di un diploma avente valore legale. Nel biennio della scuola superiore, relativamente agli alunni con handicap psichico, tenuto conto delle loro potenzialità, è consentito far svolgere programmi semplificati e diversificati, rispetto a quelli del resto della classe, dopo che sono stati concordati dal Consiglio di classe.
A tali alunni, al termine del biennio, viene rilasciato un attestato di frequenza non avente effetti legali, ma che può essere utilizzato per l’accesso alla formazione professionale. Ciò avviene se lo svolgimento dei programmi semplificati e diversificati non ha consentito di raggiungere un livello di preparazione conforme agli obiettivi didattici e culturali previsti dai programmi d’insegnamento.
Per lo svolgimento delle prove di esame scritte, grafiche, scrittografiche, orali e pratiche, sono applicabili, con gli opportuni adattamenti, le norme previste per gli esami di maturità dalla C.M. 163/1983, integrate dalle norme dalla C.M. 262 per quanto riguarda l’utilizzazione degli assistenti.
Per gli alunni con handicap fisico e sensoriale è ammesso l’uso di moderni strumenti tecnologici, per esempio, macchine dattilografiche e computer con tastiera espansa, computer munito di scheda di sintesi vocale, dattilobraille..., per l’effettuazione delle prove di esame, che possono, comunque, essere sostituite da prove alternative, come prevede l’art. 102 del R.D. 653/1925.
Se l’effettuazione di queste avviene in locali diversi dalla classe e richiedono tempi più lunghi, sarà compito del docente interessato, d’intesa con il Preside, predisporre la necessaria vigilanza.
Per quanto riguarda la valutazione al termine dell’anno scolastico, il Consiglio di classe dovrà stilare una relazione che tenga conto del P.E.I. e delle notizie fornite da ciascun docente.
La relazione dovrà indicare per quali discipline siano stati adottati particolari accorgimenti didattici, le attività integrative e di sostegno svolte, anche in sostituzione parziale dei programmi previsti per alcune discipline.
Tenendo presenti questi elementi, gli alunni disabili psichici possono essere sottoposti a prove di valutazione differenziate, ma coerenti con il livello degli insegnamenti impartiti e adeguate a valutare il progresso dell’allievo in rapporto con le sue potenzialità e alla finalità dei programmi complessivi del biennio o del successivo triennio.
La C.M. n. 262 si preoccupa di precisare che non è ammessa nessuna valutazione differenziata nei confronti dei disabili fisici e sensoriali, per i quali è solo ammesso l’uso di particolari sussidi didattici appositamente predisposti dai docenti per meglio accertare il livello di apprendimento raggiunto.
In seguito a dubbi e perplessità insorti in tema di valutazione finale dei disabili inseriti nelle scuole secondarie di 2° grado, il M.P.l. ha emanato la CM. n. 193 del 2 giugno 1989 con la quale chiarisce che per gli alunni disabili psichici, frequentanti il primo anno di scuola secondaria superiore, che abbiano svolto programmi semplificati e diversificati rispetto a quelli dei compagni di classe, i Consigli di classe, in via sperimentale, allo scopo di non interrompere il processo formativo in atto, che viene arricchito anche dall’integrazione del gruppo di classe, possono limitarsi a deliberare l’ammissione alla frequenza alla classe successiva, senza l’obbligo di attribuire voti.
L’O.M. 193 fa obbligo, inoltre, al medesimo Consiglio di classe di inserire nel verbale relativo allo scrutinio della classe, l’adozione del predetto provvedimento, facendo specifico riferimento sia al paragrafo 8 della C.M. 262 (relativo alla valutazione del disabile psichico) sia alla sentenza della Corte Costituzionale che sancisce che per gli alunni con handicap capacità e merito vanno valutati secondo parametri peculiari, adeguati alle rispettive situazioni di minorazione.
Queste indicazioni, dettate dall’O.M. 193 per il biennio, valgono anche per l’ammissione alla terza classe di istituti in cui il primo biennio non costituisca fase conclusiva di ciclo.
Infine la C.M. n. 262 istituisce presso l’Ufficio Studi e Programmazione del M.P.I. un Osservatorio permanente per la conoscenza e lo studio di tutte le problematiche interistituzionali ed interprofessionali relative all’integrazione scolastica di alunni disabili. L’osservatorio, composto da dirigenti del M.P.l., da esperti e da rappresentanti delle associazioni di disabili e delle loro famiglie, segue lo svolgersi del fenomeno dell’integrazione scolastica, lo collega con gli interventi precoci antecedenti la scolarizzazione, raccorda l’integrazione scolastica con le problematiche dell’orientamento e della formazione professionale, al fine di facilitare un corretto inserimento lavorativo e sociale dei disabili.
La C.M. n. 262 ha provocato reazioni di tipo opposto. Da un lato vi sono stati sinceri entusiasmi “garantisti”, perché veniva sancito il diritto pieno allo studio di una particolare categoria di cittadini. Dall’altro lato si è avvertita una certa preoccupazione, non sempre conclamata, ma non per questo meno sentita, per i problemi che l’inserimento dei disabili psichici poteva determinare nelle scuole secondarie di 2° grado.
Senza porsi sull’onda del garantismo di principio e senza seguire la scia delle preoccupazioni problematiche, è doveroso fare qualche riflessione sulla C.M. 262 per cercare di evidenziarne limiti e prospettive, pur senza trascurare certi aspetti negativi dell’O.M. 193.
Quest’ultima ha ridimensionato la logica che deve essere alla base dell’inserimento dei disabili nella scuola e cioè l’impegno per ogni possibile recupero, in termini di formazione e autonomia personali, nonché di possessi culturali dei vari soggetti, a qualunque categoria appartengono.
L’O.M. 193, invece avverte che la promozione dalla prima alla seconda classe dei disabili psichici può avvenire in modo automatico dietro apposita delibera del Consiglio di classe; aggiunge, inoltre, che tale possibilità è estensibile per l’ammissione alla 3 classe di Istituti in cui il primo biennio non costituisca fase conclusiva di ciclo.
Queste disposizioni ci sembrano limitative e contrastanti con la stessa sentenza n. 215 della Corte Costituzionale che auspicava un recupero dei disabili con ogni mezzo, cioè attraverso la predisposizione di tutti gli interventi pedagogici, sociali, culturali, strumentali per consentire “apprendimenti globalmente rapportabili all’insegnamento impartito a tutti gli alunni di quel determinato indirizzo di studi”.
Questa elargizione di promozione automatica esclude ogni valutazione dinamica basata sull’efficacia degli interventi e sulla validità delle strategie didattiche.
Quello che preoccupa maggiormente è il pericolo della responsabilizzazione di tanti docenti che vedono totalmente frustrati, per la meccanicità dell’ammissione al 2° anno, tutti i loro tentativi sul piano educativo e culturale.
Come ha notato il C.N.P.l. “traspare dalla C.M. la volontà di non assimilare questi soggetti - e particolarmente quelli affetti da handicap psichico - agli altri alunni... si rischia di ridurre l’integrazione scolastica degli handicappati psichici ad un puro e semplice “parcheggio” dannoso sia ai soggetti interessati sia alla scuola nel suo complesso”. L’impressione che si ricava dalle due citate circolari è che si è voluto in qualche modo adempiere al precetto della Corte Costituzionale e si è creata una facciata di accettazione, non un solido piano costruito con impegno, competenza e mezzi adeguati per un aiuto intelligente, un sostegno concreto, per interventi studiati caso per caso.
venerdì 11 gennaio 2008
FASE MEDICO _ SOCIALE

Dopo che con la legge n. 517/77 si era passati da un’enfatizzazione del trattamento quasi terapeutico ad una prevalenza quasi esclusiva degli aspetti relazionali, ci si rende conto che bisogna arrivare ad un nuovo punto di equilibrio. Comincia ad affiorare la consapevolezza che, solo saldando insieme entrambi gli aspetti, si può tentare con più scientificità il discorso dell’integrazione scolastica. Quando la scuola, dalla materna all’istruzione secondaria di secondo grado, avrà la piena collaborazione delle strutture sanitarie e gli aiuti degli Enti locali, così come previsti sia dalla legge n. 517 che dalla circolare ministeriale n. 159 del 28 giugno 1979 (della quale si riporta la parte principale), potrà iniziare il nuovo discorso socio-terapeutico dell’integrazione:
“Inoltre la L. n. 517 del 4/8/77 agli articoli 2 e 7 prevede, al fine di assecondare il processo di integrazione di alunni portatori di handicaps, che Stato ed Enti locali, secondo le rispettive competenze, nei limiti delle relative disponibilità di bilancio e sulla base del programma predisposto dal consiglio scolastico distrettuale, assicurino “la necessaria integrazione specialistica, il servizio socio-psico-pedagogico e le forme particolari di sostegno”.
Una corretta interpretazione di dette norme è essenziale per assicurare la reciproca, costruttiva collaborazione tra scuola e servizi specialistici, che deve tendere a favorire l’azione di prevenzione da sviluppare nel territorio e la massima integrazione sia scolastica che sociale dei soggetti portatori di handicaps”.
Una corretta interpretazione di dette norme è essenziale per assicurare la reciproca, costruttiva collaborazione tra scuola e servizi specialistici, che deve tendere a favorire l’azione di prevenzione da sviluppare nel territorio e la massima integrazione sia scolastica che sociale dei soggetti portatori di handicaps”.
L’integrazione, quindi, potrà essere conseguita nel migliore dei modi possibili, se si riescono a coinvolgere attorno all’handicappato tutti gli interventi di cui ha necessità: da quelli familiari rispondenti ai bisogni di amore, sicurezza e tranquillità, a quelli didattico-educativi della scuola e a quelli medico-specialistico-terapeutici e assistenziali degli Enti.
Infatti, il Ministero della Pubblica Istruzione il 22 settembre del 1983 dirama la circolare n. 258, che ha come oggetto “Indicazioni di linee d’intesa tra Scuola, Enti locali e UU.SS.LL. in materia di integrazione scolastica degli alunni handicappati”, suggerendo ai Provveditori l’opportunità di stipulare delle intese con gli Enti locali e l’U.S.L. presenti sul territorio, che sebbene non avessero i canoni della legalità, avrebbero tuttavia rappresentato un valido documento di impegno a collaborare, ognuno con le proprie competenze, con la Scuola, tenendo costantemente presente il discorso dell’integrazione scolastica e sociale degli alunni handicappati.
Con le indicazioni suggerite dalla circolare 258/83, ogni Ente dovrebbe assicurare i seguenti servizi e prestazioni:
1) U.S.L.:
- predisporre un apposito ufficio per la convalida delle documentazioni mediche presentate dai genitori a giustificazione della richiesta di particolari forme di sostegno per il figliolo portatore di handicap;
- il medesimo ufficio dovrebbe provvedere alla valutazione delle difficoltà del bambino handicappato, qualora queste vengano evidenziate dalla scuola, previo contatto con la famiglia;
- il medesimo ufficio, inoltre, dovrebbe provvedere a sintetizzare in un apposito “profilo-diagnosi”le particolari difficoltà dell’allievo ed aggiornare progressivamente tale profilo ad ogni variazione della situazione, fornendo gli elementi valutativi essenziali alla scuola richiedente, nel momento del passaggio da un ordine di scuola all’altra. L’U.S.L. dovrebbe apprestare stabilmente:
- i servizi di medicina scolastica;
- le prestazioni di medici specialistici;
- prestazioni di terapisti della riabilitazione;
- il servizio centri materno-infantili.
2) Per quanto riguarda, invece, le Amministrazioni comunali, esse dovrebbero provvedere ai seguenti servizi:
- adeguamento degli edifici scolastici esistenti e degli arredi alle disposizioni vigenti per la tutela dei portatori di handicap;
- assegnazione di personale assistente preparato a collaborare con gli insegnanti, specialmente per gli alunni non autosufficienti, artt. 42- 45 del D.P.R. 616/77;
- servizi di trasporto e mensa, nonché fornitura di sussidi e materiali didattici necessari per l’attuazione della programmazione educativa.
3) Infine, l’Amministrazione scolastica si dovrà impegnare a fornire i seguenti servizi e prestazioni:
- insegnanti di sostegno con relativo titolo di specializzazione;
- costituzione e consulenza di un Gruppo di lavoro per l’attuazione del diritto allo studio di tutti gli alunni, compresi gli handicappati;
- progettazione e organizzazione di corsi di aggiornamento sulla problematica dell’inserimento ed integrazione scolastica degli alunni handicappati. La partecipazione a detti corsi sarà estesa agli operatori socio-sanitario- assistenziali appartenenti agli altri Enti.
La circolare n. 258/83 rappresenta una tappa fondamentale sulla via dell’ integrazione scolastica con i compiti assegnati ai vari Enti, dimostrando come sia complesso il problema e come sia risolvibile solo con la collaborazione di tutti.
La piena consapevolezza della cooperazione ha fatto sì che il Ministero abbia diramato nel 1985 la circolare n. 250, avente per oggetto:
“Azione di sostegno a favore degli alunni portatori di handicap”. In essa troviamo descritta la validità della “diagnosi funzionale” come strumento operativo necessario ai fini educativi del minorato.
Essa testualmente così si esprime:
Infatti, il Ministero della Pubblica Istruzione il 22 settembre del 1983 dirama la circolare n. 258, che ha come oggetto “Indicazioni di linee d’intesa tra Scuola, Enti locali e UU.SS.LL. in materia di integrazione scolastica degli alunni handicappati”, suggerendo ai Provveditori l’opportunità di stipulare delle intese con gli Enti locali e l’U.S.L. presenti sul territorio, che sebbene non avessero i canoni della legalità, avrebbero tuttavia rappresentato un valido documento di impegno a collaborare, ognuno con le proprie competenze, con la Scuola, tenendo costantemente presente il discorso dell’integrazione scolastica e sociale degli alunni handicappati.
Con le indicazioni suggerite dalla circolare 258/83, ogni Ente dovrebbe assicurare i seguenti servizi e prestazioni:
1) U.S.L.:
- predisporre un apposito ufficio per la convalida delle documentazioni mediche presentate dai genitori a giustificazione della richiesta di particolari forme di sostegno per il figliolo portatore di handicap;
- il medesimo ufficio dovrebbe provvedere alla valutazione delle difficoltà del bambino handicappato, qualora queste vengano evidenziate dalla scuola, previo contatto con la famiglia;
- il medesimo ufficio, inoltre, dovrebbe provvedere a sintetizzare in un apposito “profilo-diagnosi”le particolari difficoltà dell’allievo ed aggiornare progressivamente tale profilo ad ogni variazione della situazione, fornendo gli elementi valutativi essenziali alla scuola richiedente, nel momento del passaggio da un ordine di scuola all’altra. L’U.S.L. dovrebbe apprestare stabilmente:
- i servizi di medicina scolastica;
- le prestazioni di medici specialistici;
- prestazioni di terapisti della riabilitazione;
- il servizio centri materno-infantili.
2) Per quanto riguarda, invece, le Amministrazioni comunali, esse dovrebbero provvedere ai seguenti servizi:
- adeguamento degli edifici scolastici esistenti e degli arredi alle disposizioni vigenti per la tutela dei portatori di handicap;
- assegnazione di personale assistente preparato a collaborare con gli insegnanti, specialmente per gli alunni non autosufficienti, artt. 42- 45 del D.P.R. 616/77;
- servizi di trasporto e mensa, nonché fornitura di sussidi e materiali didattici necessari per l’attuazione della programmazione educativa.
3) Infine, l’Amministrazione scolastica si dovrà impegnare a fornire i seguenti servizi e prestazioni:
- insegnanti di sostegno con relativo titolo di specializzazione;
- costituzione e consulenza di un Gruppo di lavoro per l’attuazione del diritto allo studio di tutti gli alunni, compresi gli handicappati;
- progettazione e organizzazione di corsi di aggiornamento sulla problematica dell’inserimento ed integrazione scolastica degli alunni handicappati. La partecipazione a detti corsi sarà estesa agli operatori socio-sanitario- assistenziali appartenenti agli altri Enti.
La circolare n. 258/83 rappresenta una tappa fondamentale sulla via dell’ integrazione scolastica con i compiti assegnati ai vari Enti, dimostrando come sia complesso il problema e come sia risolvibile solo con la collaborazione di tutti.
La piena consapevolezza della cooperazione ha fatto sì che il Ministero abbia diramato nel 1985 la circolare n. 250, avente per oggetto:
“Azione di sostegno a favore degli alunni portatori di handicap”. In essa troviamo descritta la validità della “diagnosi funzionale” come strumento operativo necessario ai fini educativi del minorato.
Essa testualmente così si esprime:
“Alla segnalazione dell’alunno come portatore di handicap ed all’acquisizione della documentazione attestante tale situazione deve far seguito, dopo un’attenta osservazione dell’alunno stesso, una “diagnosi funzionale” ad un intervento educativo e didattico adeguato, alla cui definizione provvederanno, ognuno per la parte di competenza, gli operatori delle UU. SS. LL., degli Enti locali e della Scuola con la collaborazione dei genitori.
La “diagnosi funzionale” dovrà porre in evidenza, accanto ai dati anagrafici e familiari e a quelli risultanti dalle acquisite certificazioni dell’handicap, il profilo dell’alunno dal punto di vista fisico, psichico, sociale e affettivo, comportamentale, e dovrà mettere in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le relative possibilità di recupero, sia le capacità ed abilità possedute, che devono essere sostenute. sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate.
I successivi itinerari di preparazione dell’attività scolastica saranno indirizzati a rendere gli obiettivi e gli interventi educativi e didattici quanto più possibile adeguati alle esigenze e potenzialità evidenziate nella “diagnosi funzionale” dell’alunno, e daranno luogo all’elaborazione di un “progetto educativo individualizzato” ben inserito nella programmazione educativa e didattica. Tale programma personalizzato di integrazione e di apprendimento dovrà essere finalizzato a far raggiungere a ciascun alunno portatore di handicap in rapporto alle sue potenzialità, attraverso una progressione di traguardi intermedi ed utilizzando metodologie e strumenti differenziati e diversificati, obiettivi di autonomia, di acquisizione di competenze e abilità (motorie, percettive, cognitive, comunicative, espressive) e di conquista degli strumenti operativi basilari (linguistici e matematici)”.
La “diagnosi funzionale” dovrà porre in evidenza, accanto ai dati anagrafici e familiari e a quelli risultanti dalle acquisite certificazioni dell’handicap, il profilo dell’alunno dal punto di vista fisico, psichico, sociale e affettivo, comportamentale, e dovrà mettere in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le relative possibilità di recupero, sia le capacità ed abilità possedute, che devono essere sostenute. sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate.
I successivi itinerari di preparazione dell’attività scolastica saranno indirizzati a rendere gli obiettivi e gli interventi educativi e didattici quanto più possibile adeguati alle esigenze e potenzialità evidenziate nella “diagnosi funzionale” dell’alunno, e daranno luogo all’elaborazione di un “progetto educativo individualizzato” ben inserito nella programmazione educativa e didattica. Tale programma personalizzato di integrazione e di apprendimento dovrà essere finalizzato a far raggiungere a ciascun alunno portatore di handicap in rapporto alle sue potenzialità, attraverso una progressione di traguardi intermedi ed utilizzando metodologie e strumenti differenziati e diversificati, obiettivi di autonomia, di acquisizione di competenze e abilità (motorie, percettive, cognitive, comunicative, espressive) e di conquista degli strumenti operativi basilari (linguistici e matematici)”.
Dunque se la scuola oggi si propone come obiettivo l’integrazione scolastica, non deve essere lasciata sola, ma deve essere supportata e sorretta da tutte le agenzie sociali e scientifiche che operano sul territorio. E’ una difficile scommessa sociale da vincere e la scuola da sola non basta. Tutti devono collaborare se si vuole dare piena attuazione al dettato costituzionale che, all’art. 3, afferma: “Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono uguali davanti alla legge... E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana...”.
E’ dall’applicazione di questo principio costituzionale che nasce la sentenza della Corte Costituzionale n. 215 del 3giugno 1987, che dichiara illegittimo il 3° comma, art. 28, della legge 118/71, là dove, in riferimento ai portatori di handicap, prevede che “sarà facilitata”, anziché disporre che “assicurata la frequenza” delle scuole medie superiori.
E’ dall’applicazione di questo principio costituzionale che nasce la sentenza della Corte Costituzionale n. 215 del 3giugno 1987, che dichiara illegittimo il 3° comma, art. 28, della legge 118/71, là dove, in riferimento ai portatori di handicap, prevede che “sarà facilitata”, anziché disporre che “assicurata la frequenza” delle scuole medie superiori.
lunedì 7 gennaio 2008
LE AMBIGUITA' DELL'INSERIMENTO

I docenti di ruolo, in base all’articolo 14 della legge 270 del 20 maggio 1982 hanno, anche, la possibilità di avere il semiesonero per partecipare ai corsi di specializzazione, effettuati ai sensi del D.P.R. n. 970/75. L’articolo così recita; “L’utilizzazione del personale docente secondo quanto previsto nei commi sesto e ottavo del presente articolo è disposta dal direttore didattico o dal capo dell’istituto, nei limiti numerici risultanti dalla disponibilità del personale di ruolo assegnato al circolo o alla scuola, purché il personale docente così utilizzato sia sostituibile con personale di ruolo assegnato al circolo o alla scuola media. Nei limiti delle disponibilità di cui al presente comma, è possibile concedere esoneri parziali o totali dal servizio per i decenti di ruolo che siano impegnati in attività di aggiornamento o che frequentino regolarmente i corsi per il conseguimento di titoli di specializzazione e di perfezionamento attinenti la loro utilizzazione e richiesti dalle leggi e dagli ordinamenti scolastici, ivi compresi i corsi di cui all’articolo 8 del de- creto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975, n 970, purché organizzati,nell’ambito delle disponibilità finanziarie previste dall’apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della pubblica istruzione, sulla base di convenzioni a tal fine da questo stipulate, da istituti universitari. Alle convenzioni con gli istituti universitari si applicano le disposizioni di cui all’articolo 66 del decreto del Presidente della Repubblica 11luglio 1980, n. 382”.
La legge n. 270/82 rappresenta un’evoluzione sul piano normativo anche se pone ancora ambiguità e aspetti negativi. Basti pensare all’articolo 12, al comma dove stabilisce che per la scuola media ogni insegnante di sostegno dovrà seguire quattro alunni handicappati.
Se consideriamo la legge n 517/77 che assegnava ad ogni docente di sostegno tre alunni, con un esiguo orario settimanale di sei ore, possiamo capire come la legge 270 non rappresenti in tal senso un miglioramento, riducendo ulteriormente la disponibilità di ore di sostegno per ogni alunno disabile.
Comunque, al di là del permanere di punti negativi, una certa evoluzione sul piano legislativo c’è stata; e ciò dimostra che negli ultimi anni l’esperimento dell’inserimento nella scuola è stata considerata con maggiore spirito critico rispetto al passato. Basti considerare la legge n. 118/71, la quale permetteva l’inserimento scolastico, nelle classi comuni, soltanto degli invalidi civili che non avessero delle “difficoltà persistenti” a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età, mentre la n. 517/77 dava la possibilità anche ai più gravi di frequentare la normale scuola dell’obbligo assieme ai normodotati. Se per un verso si è fatto giustizia dei più “gravi”, per l’altro verso l’integrazione è stata molto spesso al di sotto delle aspettative, quando addirittura non si è risolta in un dannoso fallimento. L’inserimento massiccio e selvaggio a volte è stato condotto all’insegna della socializzazione, e questa impostazione ha contribuito ad accentuare l’approccio pressappochistico, improvvisatorio e fondamentalmente non scientifico al problema. Se gli handicappati devono, in larghissima misura, essere inseriti nella scuola di tutti, in quanto ciò costituisce un reale ed immediato vantaggio, l’inserimento non dev’essere operato alla cieca, ma dev’essere meditato scientificamente, con il coinvolgimento di tutta la struttura scolastica, poiché è questa che deve adeguarsi all’alunno disabile o normodotato, e non viceversa.
E’ la scuola che deve pedagogicamente strutturarsi diversamente da come è stata finora, per poter rispondere ai bisogni di tutti gli alunni, considerando che l’istituzione scolastica è anche un servizio sociale.
Come abbiamo detto prima, l’aspetto socializzante dell’inserimento ha funzionato finora come alibi per non doversi confrontare con i problemi difficili e gravosi del processo stesso, la cui soluzione oggi appare non più dilazionabile nel tempo. Non basta più inserire il portatore di handicap in una classe normale per immaginare un effetto di “normalizzazione” e perché un bambino “diverso” venga dalle UU.SS.LL. dichiarato inseribile in un contesto normale.
Non è la presenza dei normodotati che agisce come deterrente per il recupero dell’disabile, quanto, invece, la presenza di operatori scolastici ben disposti o professionalmente preparati, sanitari, operatori socio-assistenziali, ecc., strutture adeguate che, per non pochi casi, sono ancora da istituire. Se, infatti, alla quasi diffusa impreparazione degli insegnanti anziani e alla rigidità delle strutture scolastiche, si aggiunge il mancato supporto delle risorse presenti nel territorio, si può ben comprendere come l’integrazione risulta avventurosa, piena di contraddittorietà e precarietà, con il concreto rischio di vedere il disabile più emarginato rispetto alle vecchie strutture delle scuole speciali.
Lo Stato, se veramente crede alla logica dell’integrazione scolastica, deve garantire classi meno numerose, insegnanti di sostegno e curriculari specializzati e qualificati, scuole sperimentali a tempo pieno, attrezzature didattiche, interventi terapeutici e sanitari. Se ciò non avverrà, negli anni futuri si avrà la negativa conseguenza di aver ingannato sia i bambini handicappati, che i parenti degli stessi, con un notevole ed inutile esborso di denaro pubblico, senza aver centrato l’obiettivo primario dell’integrazione e con la sola consolazione di aver dato un contributo positivo al problema occupazionale.
La legge n. 270/82 rappresenta un’evoluzione sul piano normativo anche se pone ancora ambiguità e aspetti negativi. Basti pensare all’articolo 12, al comma dove stabilisce che per la scuola media ogni insegnante di sostegno dovrà seguire quattro alunni handicappati.
Se consideriamo la legge n 517/77 che assegnava ad ogni docente di sostegno tre alunni, con un esiguo orario settimanale di sei ore, possiamo capire come la legge 270 non rappresenti in tal senso un miglioramento, riducendo ulteriormente la disponibilità di ore di sostegno per ogni alunno disabile.
Comunque, al di là del permanere di punti negativi, una certa evoluzione sul piano legislativo c’è stata; e ciò dimostra che negli ultimi anni l’esperimento dell’inserimento nella scuola è stata considerata con maggiore spirito critico rispetto al passato. Basti considerare la legge n. 118/71, la quale permetteva l’inserimento scolastico, nelle classi comuni, soltanto degli invalidi civili che non avessero delle “difficoltà persistenti” a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età, mentre la n. 517/77 dava la possibilità anche ai più gravi di frequentare la normale scuola dell’obbligo assieme ai normodotati. Se per un verso si è fatto giustizia dei più “gravi”, per l’altro verso l’integrazione è stata molto spesso al di sotto delle aspettative, quando addirittura non si è risolta in un dannoso fallimento. L’inserimento massiccio e selvaggio a volte è stato condotto all’insegna della socializzazione, e questa impostazione ha contribuito ad accentuare l’approccio pressappochistico, improvvisatorio e fondamentalmente non scientifico al problema. Se gli handicappati devono, in larghissima misura, essere inseriti nella scuola di tutti, in quanto ciò costituisce un reale ed immediato vantaggio, l’inserimento non dev’essere operato alla cieca, ma dev’essere meditato scientificamente, con il coinvolgimento di tutta la struttura scolastica, poiché è questa che deve adeguarsi all’alunno disabile o normodotato, e non viceversa.
E’ la scuola che deve pedagogicamente strutturarsi diversamente da come è stata finora, per poter rispondere ai bisogni di tutti gli alunni, considerando che l’istituzione scolastica è anche un servizio sociale.
Come abbiamo detto prima, l’aspetto socializzante dell’inserimento ha funzionato finora come alibi per non doversi confrontare con i problemi difficili e gravosi del processo stesso, la cui soluzione oggi appare non più dilazionabile nel tempo. Non basta più inserire il portatore di handicap in una classe normale per immaginare un effetto di “normalizzazione” e perché un bambino “diverso” venga dalle UU.SS.LL. dichiarato inseribile in un contesto normale.
Non è la presenza dei normodotati che agisce come deterrente per il recupero dell’disabile, quanto, invece, la presenza di operatori scolastici ben disposti o professionalmente preparati, sanitari, operatori socio-assistenziali, ecc., strutture adeguate che, per non pochi casi, sono ancora da istituire. Se, infatti, alla quasi diffusa impreparazione degli insegnanti anziani e alla rigidità delle strutture scolastiche, si aggiunge il mancato supporto delle risorse presenti nel territorio, si può ben comprendere come l’integrazione risulta avventurosa, piena di contraddittorietà e precarietà, con il concreto rischio di vedere il disabile più emarginato rispetto alle vecchie strutture delle scuole speciali.
Lo Stato, se veramente crede alla logica dell’integrazione scolastica, deve garantire classi meno numerose, insegnanti di sostegno e curriculari specializzati e qualificati, scuole sperimentali a tempo pieno, attrezzature didattiche, interventi terapeutici e sanitari. Se ciò non avverrà, negli anni futuri si avrà la negativa conseguenza di aver ingannato sia i bambini handicappati, che i parenti degli stessi, con un notevole ed inutile esborso di denaro pubblico, senza aver centrato l’obiettivo primario dell’integrazione e con la sola consolazione di aver dato un contributo positivo al problema occupazionale.
domenica 6 gennaio 2008
FUNZIONI E COMPITO DELL'INSEGNANTE DI SOSTEGNO
Secondo il D.P.R. n. 970 del 31 ottobre 1975 il docente in possesso del titolo biennale di specializzazione è assegnato in classi normali per attivare “interventi individualizzati di natura integrativa in favore della generalità degli alunni, ed in particolare di quelli che presentino specifiche difficoltà di apprendimento” (art. 9).Pertanto, l’insegnante di sostegno deve favorire l’accoglimento dei minorati nella comunità scolastica, senza creare classi speciali o differenziali; e per raggiungere tale obiettivo si dovrà avvalere di competenze specifiche nell’individualizzazione degli interventi didattici e di tecniche specifiche di educazione differenziata; nonché dev’essere in grado di coordinare intorno all’alunno handicappato il quadro generale degli interventi, occupandosi direttamente di quelli più specificatamente didattico-riabilitativi propri della didattica speciale.
Inoltre, è bene ribadire che l’insegnante di sostegno ha pieno diritto con pari, se non maggiore. dignità professionale alla programmazione e alla verifica collegiale del lavoro didattico svolto dal gruppo docente delle classi interessate all’integrazione.
Gli interventi dell’insegnante di sostegno vanno previsti e ordinati sulla base di un preventivo lavoro di accertamento di bisogni e di determinazione di obiettivi e metodi educativi, elaborati in collaborazione con gli altri insegnanti; ciò anche perché i modelli di intervento non siano concorsuali e non si riducano ad un’operazione avulsa dai piani educativi già programmati dall’organo collegiale, di cui il docente fa parte integrante.
Pertanto, gli interventi di sostegno “debbono essere aggiuntivi e non sostitutivi dell’attività curriculare” e gli alunni handicappati non devono essere sottratti alle normali attività delle classi, seppure in modo differenziato ed adeguato alle singole capacità individuali e con momenti di interventi specifici non praticabili all’interno del gruppo classe. Non può esistere integrazione scolastica di alunni portatori di handicaps, se prima non si sia stabilita una positiva interazione tra docente di sostegno e i docenti curriculari.
Inoltre la circolare ministeriale n. 169 del 21 luglio 1978 illustra in modo chiaro la specifica figura dell’insegnante di sostegno all’interno della compagine educativa della scuola:
Nell’ambito di queste attività è da rilevare che l’integrazione degli alunni portatori di handicaps comporta l’intervento di insegnanti specializzati, il cui compito consiste nella predisposizione di specifiche forme di attività rivolte a favorire il pieno inserimento degli alunni nel gruppo.
Si ritiene pertanto che il modo più corretto per raggiungere questo obiettivo educativo debba realizzarsi, nel contesto globale dell’attività scolastica, mediante specifici interventi promossi in determinati momenti del lavoro didattico, in rapporto alle particolari esigenze dei singoli alunni e tenendo presentite caratteristiche programmatiche della classe e l’articolazione dei gruppi di alunni.
Si ritiene pertanto che il modo più corretto per raggiungere questo obiettivo educativo debba realizzarsi, nel contesto globale dell’attività scolastica, mediante specifici interventi promossi in determinati momenti del lavoro didattico, in rapporto alle particolari esigenze dei singoli alunni e tenendo presentite caratteristiche programmatiche della classe e l’articolazione dei gruppi di alunni.
La circolare n. 199 del 28 luglio 1979 rafforza la precedente, aggiungendo che: esperienze positive, che fortunatamente sono più numerose di quanto non si possa pensare, si verificano soprattutto dove la responsabilità dell’integrazione è assunta non dalla singola classe ma da tutta la comunità scolastica, che costituisce di per sé uno dei sostegni più validi. Altro elemento determinante per il successo dell’integrazione, secondo esperienze ormai acquisite, è la precisa individuazione delle condizioni soggettive del bambino, degli handicaps veri e propri e degli impedimenti che ne condizionano lo sviluppo e, di conseguenza, dei suoi specifici “bisogni educativi”. Terza condizione è l’esistenza di insegnanti di classe o di sostegno (o meglio: congiuntamente di classe e di sostegno e, per la scuola media, indipendentemente dalla materia che essi professano) capaci di rispondere ai bisogni educativi degli alunni con interventi calibrati sulle condizioni personali di ciascuno. Anche il processo di socializzazione esige sia la conoscenza della specifica situazione del soggetto, sia quelle del gruppo e della comunità scolastica in cui esso viene inserito”.
Tutto ciò è stato affermato sulla carta, perché la realtà è stata, a volte, ben diversa: docenti curriculari che non collaborano con gli insegnanti di sostegno, i quali spesso vengono considerati di una serie inferiore e come tali devono badare solamente al portatore di handicap, un alunno che costituisce elemento disturbante della classe.
Ritornando alla legge n. 517/77, possiamo affermare, senza tema di smentita, che nelle intenzioni del legislatore si tratta di un’ottima legge, ma che presenta - affermiamo noi - alcuni punti ambigui che lasciavano spazio a molte forme di involuzione, quale la quantificazione rigida, in termini orari, del sostegno da assegnare per ogni alunno handicappato. Questo sostegno veniva disposto mediante alchimie aritmetiche, contrastanti duramente con la realtà che gli insegnanti si trovavano ad affrontare quando il tipo o la gravità del “diverso” erano tali da essere richiesti interventi plurimi o comunque articolati.
Inoltre, la legge 517 trascurava le attività di sostegno affidate ad insegnanti specializzati nelle sezioni della scuola materna. Noi sappiamo quanto sia necessaria la presenza del bambino handicappato nelle scuole materne, per offrire allo stesso migliore occasione di inserimento ed integrazione nella scuola dell’obbligo. Se, infine, consideriamo la non esistente definizione delle specifiche competenze dei vari Enti che operano nel territorio e alla certificazione attestante la tipologia dell’handicap e relativa gravità, avremmo un quadro confuso della situazione scolastica là dove gli insegnanti non erano stati ben preparati alla nuova realtà, che la stessa legge presentava. Infatti mancò un valido supporto d’aggiornamento, il quale consentisse agli operatori scolastici di accogliere in modo naturale il soggetto in difficoltà, senza continue crisi di ansietà e di scoraggiamento.
Tutto ciò non ha offerto un servizio adeguato ai soggetti handicappati, che venivano inseriti nelle classi della scuola dell’obbligo in modo selvaggio, senza alcun criterio scientifico: come se bastasse la sola vicinanza del bambino normodotato per operare il “miracolo” del recupero e della piena integrazione scolastica.
Si è sentito cosi il bisogno di correttivi, che sono stati portati dalla legge n. 270 del 20 maggio 1982, comunemente chiamata “legge sul precariato”. Questa legge ha avuto il merito di ridimensionare, almeno in parte, alcune ambiguità della normativa precedente. Il sostegno viene istituito anche nella scuola materna; inoltre tutti i posti di sostegno, sia nella scuola materna che nell’elementare e nella media, sono di ruolo alla stregua degli altri posti, da ricoprire mediante concorsi e con graduatorie e titoli specifici.
L’art. 12 recita:
Ritornando alla legge n. 517/77, possiamo affermare, senza tema di smentita, che nelle intenzioni del legislatore si tratta di un’ottima legge, ma che presenta - affermiamo noi - alcuni punti ambigui che lasciavano spazio a molte forme di involuzione, quale la quantificazione rigida, in termini orari, del sostegno da assegnare per ogni alunno handicappato. Questo sostegno veniva disposto mediante alchimie aritmetiche, contrastanti duramente con la realtà che gli insegnanti si trovavano ad affrontare quando il tipo o la gravità del “diverso” erano tali da essere richiesti interventi plurimi o comunque articolati.
Inoltre, la legge 517 trascurava le attività di sostegno affidate ad insegnanti specializzati nelle sezioni della scuola materna. Noi sappiamo quanto sia necessaria la presenza del bambino handicappato nelle scuole materne, per offrire allo stesso migliore occasione di inserimento ed integrazione nella scuola dell’obbligo. Se, infine, consideriamo la non esistente definizione delle specifiche competenze dei vari Enti che operano nel territorio e alla certificazione attestante la tipologia dell’handicap e relativa gravità, avremmo un quadro confuso della situazione scolastica là dove gli insegnanti non erano stati ben preparati alla nuova realtà, che la stessa legge presentava. Infatti mancò un valido supporto d’aggiornamento, il quale consentisse agli operatori scolastici di accogliere in modo naturale il soggetto in difficoltà, senza continue crisi di ansietà e di scoraggiamento.
Tutto ciò non ha offerto un servizio adeguato ai soggetti handicappati, che venivano inseriti nelle classi della scuola dell’obbligo in modo selvaggio, senza alcun criterio scientifico: come se bastasse la sola vicinanza del bambino normodotato per operare il “miracolo” del recupero e della piena integrazione scolastica.
Si è sentito cosi il bisogno di correttivi, che sono stati portati dalla legge n. 270 del 20 maggio 1982, comunemente chiamata “legge sul precariato”. Questa legge ha avuto il merito di ridimensionare, almeno in parte, alcune ambiguità della normativa precedente. Il sostegno viene istituito anche nella scuola materna; inoltre tutti i posti di sostegno, sia nella scuola materna che nell’elementare e nella media, sono di ruolo alla stregua degli altri posti, da ricoprire mediante concorsi e con graduatorie e titoli specifici.
L’art. 12 recita:
“Ciascuna sezione di scuola materna è costituita con un numero massimo di 30 bambini ed un numero minimo di 13 bambini, ridotti, rispettivamente, a 20 e a 10, per le sezioni che accolgono bambini portatori di handicaps.
La consistenza complessiva delle dotazioni organiche dei ruoli provinciali della scuola materna è calcolata aggiungendo anche i posti di sostegno da istituire in ragione, di regola, di un posto ogni quattro bambini portatori di hanidicaps. Le dotazioni organiche dei ruoli provinciali della scuola elementare e della scuola media comprendono anche i posti di sostegno a favore degli alunni portatori di handicaps, di tempo pieno, di attività integrative, di libere attività complementari e di attività di istruzione degli adulti finalizzate al conseguimento del titolo di studi.o I posti di libere attività complementari sono costituiti con quindici ore di insegnamento. Nelle scuole medie integrate a tempo pieno sono istituite, sulla base dei criteri stabiliti con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, cattedre-orario comprensive delle ore di insegnamento delle discipline curriculari, delle ore di studio sussidiario e delle libere attività complementari.
Le dotazioni organiche di cui al presente articolo sono rideterminate annualmente entro il 31 marzo. In sede di rideterminazione degli organici si procede all’aggiornamento del numero dei posti di sostegno a favore dei bambini o degli alunni portatori di handicaps della scuola materna, elementare e media, in modo da assicurare di regola un rapporto medio di un insegnante dì sostegno ogni quattro bambini o alunni portatori di handicaps. La rideterminazione dei posti di cui al presente comma, esclusi quelli relativi agli alunni portatori di handicaps, non può comportare, in ciascuna provincia, un aumento dei numero dei posti stessi funzionanti alla data di entrata in vigore della presente legge.
Per la scuola media la ripartizione dei posti di sostegno a favore degli alunni portatori di handicaps, è effettuata secondo la procedura ed i criteri previsti dall’‘ottavo comma del successivo articolo 13.
Le disposizioni contenute nei presente articolo si applicano con riferimento al 31 marzo dell’anno scolastico successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge”.
La consistenza complessiva delle dotazioni organiche dei ruoli provinciali della scuola materna è calcolata aggiungendo anche i posti di sostegno da istituire in ragione, di regola, di un posto ogni quattro bambini portatori di hanidicaps. Le dotazioni organiche dei ruoli provinciali della scuola elementare e della scuola media comprendono anche i posti di sostegno a favore degli alunni portatori di handicaps, di tempo pieno, di attività integrative, di libere attività complementari e di attività di istruzione degli adulti finalizzate al conseguimento del titolo di studi.o I posti di libere attività complementari sono costituiti con quindici ore di insegnamento. Nelle scuole medie integrate a tempo pieno sono istituite, sulla base dei criteri stabiliti con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, cattedre-orario comprensive delle ore di insegnamento delle discipline curriculari, delle ore di studio sussidiario e delle libere attività complementari.
Le dotazioni organiche di cui al presente articolo sono rideterminate annualmente entro il 31 marzo. In sede di rideterminazione degli organici si procede all’aggiornamento del numero dei posti di sostegno a favore dei bambini o degli alunni portatori di handicaps della scuola materna, elementare e media, in modo da assicurare di regola un rapporto medio di un insegnante dì sostegno ogni quattro bambini o alunni portatori di handicaps. La rideterminazione dei posti di cui al presente comma, esclusi quelli relativi agli alunni portatori di handicaps, non può comportare, in ciascuna provincia, un aumento dei numero dei posti stessi funzionanti alla data di entrata in vigore della presente legge.
Per la scuola media la ripartizione dei posti di sostegno a favore degli alunni portatori di handicaps, è effettuata secondo la procedura ed i criteri previsti dall’‘ottavo comma del successivo articolo 13.
Le disposizioni contenute nei presente articolo si applicano con riferimento al 31 marzo dell’anno scolastico successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge”.
Gli insegnanti di ruolo in possesso del titolo biennale di specializzazione hanno la possibilità di essere utilizzati sul sostegno ai sensi dell’art. 14:
“Il personale docente di ruolo, incluso - nel rispetto delle priorità indicate nel primo comma del presente articolo - quello delle dotazioni aggiuntive, che sia in possesso di specifici requisiti, può essere utilizzato anche per periodi di tempo determinati, per tutto o parte del normale orario di servizio, in attività didattico-educative e psicopedagogiche previste della programmazione di ciascun circolo didattico o scuola, secondo criteri e modalità da definirsi mediante apposita ordinanza del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, con particolare riferimento alle attività di sostegno, di recupero e di integrazione degli alunni portatori di handicaps e di quelli che presentano specifiche difficoltà di apprendimento nonché per insegnamenti speciali e attività integrative o complementari previsti dalle leggi vigenti.
E’ abrogata la disposizione prevista, per la scuola media, al secondo comma dell’articolo 7 della legge 4 agosto 1977, numero 517, che stabilisce l’utilizzazione dell’insegnante di sostegno nel limite di sei ore settimanali per ciascuna classe”.
E’ abrogata la disposizione prevista, per la scuola media, al secondo comma dell’articolo 7 della legge 4 agosto 1977, numero 517, che stabilisce l’utilizzazione dell’insegnante di sostegno nel limite di sei ore settimanali per ciascuna classe”.
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